Il desiderio di poter prevedere il futuro risale ai tempi più remoti. Sia in Oriente sia in Occidente indovini, sacerdoti, maghi e astrologi predicono il futuro interpretando eventi atmosferici, comete e moto degli astri, comportamenti animali, nascite mostruose, tavolette d’argilla, fuoco, sogni, ossa e viscere… Eva Shaw registra circa 1000 diverse pratiche di divinazione, tra antiche e moderne. È un libro di divinazione il più antico dei testi classici cinesi, l’I Ching o Libro dei Mutamenti: incuriosisce anche Gustav Jung, che ne scrive una prefazione. Profeti, sciamani e veggenti, invece, si lasciano possedere dalla divinità e le danno voce. Anche la Bibbia è piena di profeti e profezie.
AL TEMPO DEI GRECI E DEI ROMANI. Greci e romani impiegano entrambe le forme di predizione: gli àuguri interpretano la volontà degli dei osservando il volo degli uccelli per prevedere il futuro. Dispensano oracoli, anche grazie a un aiutino psicotropo, le Pizie (le sacerdotesse di Apollo, a Delfi) e le Sibille (in Italia, Grecia, Asia Minore, Nord Africa). Peccato che le une e le altre parlino in modo, appunto sibillino: ibis, redibis…
Ma (e ora siamo nella prima metà del 1500) anche le centurie di Nostradamus, in quanto ad ambiguità, non scherzano.
DAL 1600 A OGGI. Né l’Inquisizione, che perseguita e scomunica gli indovini, né l’Età dei Lumi che valorizza la scienza cancellano il sogno di poter predire il futuro: del resto, la condizione umana riposa sulla necessità di riuscire a sapere cosa accadrà domani per poter agire sin da ora, scrive lo storico francese Georges Minois in Storia dell’avvenire. Dai profeti alla futurologia.
Oggi, lo dice il Codacons, tra carte, dadi, palle di vetro e altra paccottiglia esoterica, gli italiani che almeno una volta in un anno si rivolgono a maghi, astrologi e cartomanti sono passati dai 10 milioni nel 2006 ai 13 milioni calcolati a fine 2013.
Ma scommetto che perfino molte persone di impeccabile rigore intellettuale e radicato scetticismo ogni tanto buttano l’occhio sul delizioso oroscopo di Internazionale.
LA DIFFERENZA TRA “PREDIRE” E “PREVEDERE”. Tuttavia, al di là dell’occhiata all’oroscopo (e al di là delle palle dei maghi), un sensato, razionale e possibile negoziato con il futuro può passare dalla diversità che c’è tra due parole in apparenza assai simili: “predire” e “prevedere”.
“Predire” riguarda l’annunciare eventi futuri e il fare profezie. “Prevedere” riguarda il fare ipotesi e supposizioni, a partire dai dati disponibili, su quanto potrebbe accadere in futuro. La discriminante vera è il presupposto su cui si fonda ciascuna delle due pratiche: la prima presume che il futuro sia nelle mani di una divinità. La seconda presume che il futuro sia governato (più o meno consapevolmente) dagli uomini, dalle conseguenze (non sempre evidenti) di atti o eventi pregressi, dal caso.
HA SENSO PROVARE A PREVEDERE IL FUTURO? Se può aver senso tentare di prevedere il futuro, conviene comunque cimentarsi coi grandi sistemi più che con le imperscrutabili sorti individuali, e bisogna provarci avendo chiari tre fatti: nei sistemi complessi (il sistema sociale e quello economico, il clima e gli eventi meteo, il traffico, gli ecosistemi) l’interazione tra le diverse componenti è di tipo non lineare. L’effetto-farfalla (leggete qui come è stato scoperto: è interessante) gioca un ruolo importante. E, come scrive il filosofo e sociologo Edgar Morin, “l’imprevedibilità e il paradosso sono sempre presenti”.
FUTUROLOGI E SCENARISTI. Gli studi sul futuro integrano discipline eterogenee: psicologia, sociologia, matematica, statistica… Hanno cominciato a svilupparsi a metà del secolo scorso. Chi se ne occupa cerca di individuare schemi ricorrenti, se ce ne sono, e ragiona in termini di scenari: possibili, probabili, preferibili o da evitare, con l’obiettivo di aiutare società e individui a compiere scelte sagge avendo un po’ più chiare le opzioni disponibili e le loro conseguenze possibili. Non si considerano studi sul futuro le ipotesi a breve termine (per esempio: il comportamento della Borsa nei prossimi tre mesi), ma solo quelle che prendono in esame eventi a medio e lungo termine.
UNA QUESTIONE DI APERTURA MENTALE. Volete farvi un’idea di chi sono i futurologi e quali sono i maggiori centri di ricerca sul futuro? In fondo a questa pagina di Wikipedia trovate elencati i più importanti. Ma è la BBC a dirci quello che probabilmente tutti siamo più curiosi di conoscere: a saper fare le previsioni migliori non sono tanto i superesperti, quanto le persone dotate di un alto grado di apertura mentale (peraltro questo è, insieme all’introversione, uno dei due tratti che nel Big Five, uno dei più accreditati modelli della personalità, è correlato con la creatività).
In termini psicologici, essere mentalmente aperti significa saper affrontare l’incertezza, essere capaci di esaminare le questioni da molte prospettive, non avere preconcetti, essere pronti a cambiare idea e saper evitare le trappole mentali (bias) che possono fuorviare anche le persone più accorte.
Prevedere il futuro
PREVEDERE IL FUTURO: CLARKE E ASIMOV CE l’HANNO FATTA. Tutto ciò non è poi così distante da quanto dice Arthur C. Clarke nelle tre leggi della previsione: 1) Quando un illustre ma anziano scienziato sostiene che qualcosa è possibile, ha quasi certamente ragione. Quando sostiene che qualcosa è impossibile, molto probabilmente ha torto. 2) L’unica maniera di scoprire i limiti del possibile è di oltrepassarli e finire nell’impossibile. 3) Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia. E, a proposito di apertura mentale, tecnologia e di magia: guardatevi, se volete, le previsioni che lo stesso Clarke e un altro straordinario scrittore di fantascienza, Isaac Asimov, hanno fatto nel 1964 su quanto sarebbe accaduto nel 2014.
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